Una cosa


di Azael
30 gennaio 2011

*Poesia nella quale il poeta, scienziato a se stesso, esperimenta il miraco della vita  e finisce a zozzeria

Una cosa che vorrei farti
non è il sesso, le faccette, le pacche sul culo quando esci
una cosa che vorrei farti
non è nemmeno guardarti mentre dormi
no
quando dormi
ti assicuro
sei uguale spiccicata a quando non dormi
non ci faccio niente di guardarti mentre dormi.

Una cosa che vorrei farti
invece
una cosa che vorrei farti
è i figli,
per guardarci nei geni
nel dna.

Anche due, sette, quattro, nove, cinque,
ciascuno fatto apposta
per guardarci nel.

Se ci trovo un segreto, va bene
ti rifaccio
se ci trovo una formula o un affresco o un partenone
ti ricopio
contraffaccio
contraffaggo

se non ci vedo niente
do la colpa al microscopio
ai figli
alla maniera in cui

se non ci trovo niente
sbaraglio il tavolino, il dna, i geni sgranellati sul tappeto
i cosi lì, i figli, li do ai cani

e te invece,
io ti bevo dagli occhi, con la cannuccia,
ti succhio il sangue dall’entrata del sangue
mi ubriaco come un frate
e mi asciugo le tue lacrime sul braccio

poi ti piscio

e finché non faccio le analisi delle urine
per me resti un’insolita, fantastica, inaudita, prodigiosa
ipotesi scientifica

tutta da verificare.

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Category: Amore e robe umide | RSS 2.0
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Un Commento

  • Questa poesia è talmente splendida che vorrei averla scritta io. E, nonostante il fatto che NON mi consideri bravo a scrivere, è una cosa che penso assai di rado. Splendida.

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