La tredicesima della mia vita


Esigo una tredicesima in ogni cosa:

una venticinquesima ora nei giorni belli,
una forchettata in più di carbonara,
un lunedì di festa dopo le ferie,

non i miei vent’anni, i miei ventisette

un vaffanculo supplementare
solo per lo spettacolo.

Citofonare e scappare


*Poesia nella quale il poeta, di notte, fa scherzi idioti alle persone peggiori, con effetti devastanti sulla terza età

I brutti

i brutti non dovrebbero mai mai mai uscire di casa,
gli idioti mai aprir bocca,
i cattivi tutti chiusi nelle cantine,
e i puzzolenti e i cani in grandi celle di plexiglas,
i belli, gli intelligenti, gli innamorati, i buoni, i poveretti e gli illusi, tutti nelle strade,
continuamente,
a citofonare e scappare,
citofonare e scappare,

fino a che la signora non risponde
dice chi è, chi minchia è, chi stracazzo è
scende di sotto
con la scopa
le pistole
li guarda, quegli innamorati, quei belli, i buoni, gli sfortunatissimi, i gatti senza voce, i partigiani senza liberazione, tutti quelli,
là, nascosti dietro l’angolo
e, mi direte, ecco che gli spara, gli dà fuoco, li denunzia, li malmena
no
no
la signora lascia la scopa, le pistole, si toglie la faccia rigata dallo sguardo
si toglie il dispiacere e i bigodini, e le ciabatte dell’odio, chiuse dietro,
e va con loro
con i belli, gli illusi, gli intelligenti, i buoni, i belli, gli innamorati, altri buoni, altri innamorati, i vecchi ravveduti, gli illusi
sempre
a citofonare e scappare,
citofonare e scappare,
sempre,
citofonare e scappare.

***Ascolta la lettura di questa poesia nella pagina Le Tture***